PdR: LA RESA DEI CONTI

Il dopo le elezioni del Presidente della Repubblica è cominciato, almeno nei partiti, il confronto interno e di coalizione per capire, con la riconferma di Mattarella, in cosa la politica ha fallito e come non è riuscita a trovare un candidato valido per la prima carica dello stato italiano. Davvero una figura barbina che peserà tantissimo sulla tenuta degli stessi partiti e sul nome dei leaders che li guidano perché la incapacità manifesta di quest’ultimi ha determinato la conferma di uno staus quo istituzionale che deve far riflettere oltre che alle istituzioni politiche del caso ma anche a quelle componenti che si sono aggiunte a queste elezioni, quali, ad esempio, la presenza determinante di quei peones (parlamentari alla prima legislatura che vedevano solo a settembre di quest’anno la riconferma del vitalizio-pensione oltre che la conferma degli stipendi almeno a fine legislatura e cioè a metà anno del 2023), gente motivata a fare in modo che le cose rimanessero così come si sono verificate e tutto questo per proprio tornaconto personale.

Una resa dei conti che sarà determinante per il prosieguo della legislatura ma che, ad ora, vede il binomio Draghi (al governo) e Mattarella (riconfermato Presidente della Repubblica) che potranno continuare a svolgere il loro “lavoro” istituzionale senza ombra di dissenso alcuno visto la “debolezza” manifesta della politica e della componente partitica (coi i suoi leader e le sue componenti governative) sempre meno credibile e contestata dalla gente (proprio quella componente della democrazia che potrebbe in un prossimo futuro diventare il “corpo elettorale”).

Una disamina che si potrebbe, a mente fredda, concretizzare in una analisi delle coalizioni e degli stessi partiti che alla fine sono coloro che da questa elezione hanno manifestato i limiti delle loro rappresentanze e con esse la sconfitta della politica che ha abdicato a quella che possiamo definire una “diarchia” (esercizio del potere da parte di due persone o di due organi dotati di pari autorità) che durerà sicuramente fino a fine legislatura e che potrebbe portare lo stesso Draghi a ricoprire la carica di Presidente della Repubblica dopo che con la prossima legislatura si sarà delineato un nuovo quadro politico (???) e con esso l’esigenza di una nuova fase istituzionale con una componente di “garanzia” nei confronti della Unione Europea e di quegli equilibri internazionali (il caso NATO-Russia-Ucraina) che costringerebbe chiunque si appropinquasse a governare il paese Italia.

Centrodestra

Proprio in questa coalizione l’odore di sconfitta aleggia nei meandri dei partiti dove sicuramente la Lega di Salvini ne esce con le ossa rotte in quanto l’attivismo “esasperato” del suo leader (appunto Salvini) si è dimostrato inconcludente tanto da votare Mattarella dopo aver esposto la seconda carica dello stato (nella figura di Casellati) ad una figura non certo edificante; l’essersi esposto in maniera scoordinata con il resto della coalizione ha pesato alla fine e la scelta di Mattarella ha dato il colpo di credibilità oltre che a Salvini alla stessa Lega. Su Forza Italia meglio stendere un velo pietoso… a cominciare dalla rinuncia di Berlusconi, forse consapevole di non essere “gradito” dagli stessi suoi parlamentari, a quella dei franchi tiratori riguardo la votazione della Casellati (ricordiamolo seconda carica dello stato)… un partito che guarda con interesse alla prossima legislatura quando vedrebbe, assieme a Italia Viva di Renzi, una collocazione “centrista” a discapito del centrodestra in cui si vede sempre più ai margini (in termini di consenso elettorale) e quindi meno determinante nella scelte politico-amministrative della stessa coalizione. Venti a poppa (per usare un termine marinaro) invece per Fratelli d’Italia che invece in questa fase elettorale ha usato una strategia molto meno espositiva ma sempre coerente in quanto ha dato massima disponibilità alla coalizione di centrodestra mettendo dei distinguo al momento opportuno… sostenendo la Casellati nella votazione che la riguardava ma soprattutto nella votazione finale quando ha sostenuto il proprio candidato e dove oltre a vedere crescere di quasi un terzo il consenso allo stesso ha dimostrato un distinguo politico che sicuramente vedrà aumentare il proprio consenso nell’ambito del corpo elettorale ma che vedrà alzarsi il quorun di consenso nei sondaggi ( a tal proposito non si vorrebbe azzardare indicazioni del caso ma potrebbe verificarsi alle prossime politiche che il FdI si avvicini al venticinque per cento… se non almeno sfiorarlo).

Centrosinistra

Se qualcuno pensa che questa elezione di Mattarella a PdR possa essere una vittoria del PD e quindi di Enrico Letta è certamente sbagliato. Sicuramente l’atteggiamento attendista di Letta ha pagato, nel senso che l’aver riproposto la vecchia nomenclatura ha avuto una sua ragion d’essere (d’altronde Mattarella ricordiamolo è del PD) ma la mancanza di alternative valide rispetto a Mattarella dimostra la scarsa vena nell’ambito dello stesso partito che non riesce ad esprimere personalità degne di tale nome. L’essere “vuoto” di contenuti politici comincia pesare su questo partito che potrà esprimersi solo nell’appoggiare il governo Draghi come unico modo per sopravvivere… per LeU non ci sono programmi specifici se non quello di spalleggiare il PD in quanto componente vuota di contenuti validi.

Movimento5stelle

Parlare di questo partito è come parlare dell’”inutile idiota”, nel senso che non ci sono parole per esprimere quanto “nullo” è stato il suo apporto alla querelle PdR, anzi… la confusione dei ruoli è stata sovrana riguardo questo movimento che perso tra un certo attivismo (alla stregua del “nemico” Salvini per intenderci) con Giuseppe Conte che a mò di “trottola” ha cercato di girare tra le componenti di centro, centrodestra, sinistra e via dicendo… sotto il vigile sguardo di un Di Maio sempre più deciso a farlo fuori e “bruciandolo” nel finale. La resa dei conti avverrà nel M5S con l’ennesimo karakiri interno che vedrà sicuramente un “indebolito” Grillo, un “allampanato” Conte con l’aggiunta di uno “sbiadito” Di Battista sotto la “forche gaudine” di un Di Maio… il che è tutto dire.

Comunque si voglia non ci saranno ripercussioni sul governo in quanto i pentastellati a chiacchiere sono i migliori per poi in maniera gattopardesca “far finta di cambiare tutto, per poi non cambiare nulla” è diventata oramai la loro ragione di vita.

Per il resto solo Renzi (che è l’unico che ha una visione politica in un “paese di cecati”) ha avuto la lucidità di stare al suo posto senza scomporsi ben conscio che Draghi è una sua invenzione e che per lui il resto non conta… con un pensiero al futuro per “contrattare” con Berlusconi la creazione di un “centro”, alla stregua della vecchia Democrazia Cristiana, catalizzatrice di potere e di consenso.

Un quadro in movimento quello che ha scatenato la rielezione di Mattarella al Quirinale in quanto ha rafforzare il binomio con Draghi che poi dovrebbe condurre la legislatura alla fine del mandato. Il rebus rimane fermo alla tenuta delle coalizioni e dei partiti e le leadership che li sostengono sicuramente ne vedremo di tutti i colori bisogna solo interpretare le prossime mosse che la classe politica italiana si appresta a sostenere per il bene di… è questo che ci chiediamo… per il bene di chi?!?!?! 

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