LA SFIDA DI PUTIN

La strategia con cui Vladimir Putin valuta le conseguenze tragiche della sua strategia è il suo “impudico cinismo”. Distacco, distanza, indifferenza è tutto quello che manifesta l’uomo Putin su una tragedia che di ora in ora sta diventando una catastrofe umanitaria.

Tale sciagura oltre a dimostrare la debolezza delle democrazie occidentali e anche monito quali tra le ex-repubbliche URSS avessero intenzione di affrancarsi dall’asservimento di Mosca. Consapevole, dei limiti della Nato, se per caso venisse in mente di decidere una no-fly zone sui cieli dell’Ucraina, magari a scopi umanitari, allora considererebbe una tale decisione «un atto di guerra».

Putin impone all’occidente tre condizioni irricevibili: il riconoscimento internazionale della Crimea come parte della Russia; il ritiro della candidatura di Kiev ad aderire alla NATO e la sospensione delle spedizioni di armi in Ucraina.

Con le truppe russe già entrate nel Donbass, Putin sta ammaliando la Russia nell’illusione di poterla riportare all’epoca dell’impero dei Romanov o quello della URSS. Un pangermanesimo di maniera in una rilettura riguardo le congetture sulla riunione dei popoli russi e quant’altro.

Intanto in un contatto telefonico con Washington Pechino chiede il cessate il fuoco, ma subito rivendica la sua titolarità sull’isola e la non ingerenza di Washington su Taiwan.

L’Occidente può limitarsi solo ad una guerra economica (già preventivata nel tempo dallo stesso Putin) sperando di accelerare il «default» dell’economia russa, ipotizzando di bloccare del tutto la fornitura del gas russo verso l’Europa con il Cremlino che invia ancora segnali di escalation infischiandosene delle sanzioni.

Gli Stati Uniti e l’Europa debbono reagire non accettare che Putin li metta davanti al fatto compiuto senza reagire o per lo meno mostrare una certa “intraprendenza”. Tutto questo delinea la figura di un Occidente alla ricerca di un ruolo nei nuovi equilibri mondiali (ruolo che sta scemando giorno dopo giorno…).

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