GEOPOLITICA

LE AZIENDE ITALIANE IN MANO STRANIERE (01.02.2022)

L’Italia considerata terra di conquista delle aziende col marchio Made in Italy da parte dei paesi di mezzo mondo (maggiormente quelli della Unione Europea quali Francia, Spagna, Germania…) ma anche Turchia, Cina Giappone… uno shopping selvaggio. Si tratta piuttosto di colossi della nostra economia che prendono il volo cambiando improvvisamente bandiera. Una svendita del patrimonio imprenditoriale italiano, aziende, per citarne solo alcune, che hanno cambiato bandiera: Buitoni, Parmalat, Santarosa, Valentino, Telecom, Peroni, Fiorucci, Algida, Carapelli, Fendi, Safilo, Pininfarina, Italcementi, Pirelli, Bulgari, Loro Piana, Cova, Gucci, Bottega Veneta, Richard Ginori, Pomellato, Brioni, Poltrone Frau, Krizia, Goldoni, Grom, Fastweb. Abbiamo ceduto perfino i nostri club di calcio.

Allora ci si domanda delle continue difficoltà, degli impedimenti, delle disparità che un’azienda che è allocata in Italia debba affrontare per competere sui mercati internazionali; con conseguenziali domande di carattere sociale che comprendono anche i sindacati e la rappresentanza industriale quando si parlava di globalizzazione e andavano dettate regole certe per difendere, sostenere e promuovere la nostra economia fatta di piccole e medie imprese?

Ma le aziende che vengono acquisite non sono l’unico segnale d’allarme difatti Il malessere della nostra economia ha (anche) altri sintomi; ci sono, per esempio, oltre 40 .000 aziende italiane con partecipazioni all’estero, di fatto “delocalizzate” per quanto riguarda la produzione, portata al di fuori della Penisola con fattori che influiscono in maniere decisiva non solo sui bilanci ma sull’intera operatività e produttiva delle nostre imprese industriali, fattori che ci lasciano ai margini del mercato e cioè i “Costi fissi” elevatiche non ci permettono di competere sul prezzo, facendoci perdere l’affidamento di numerose commesse e che non ci dà la possibilità di presentarci a numerose gare di appalto dove. Tagliati fuori da un sistema economico pensato per i “più grandi”, ci siamo indirizzati verso quello che ci riesce meglio, “puntare” sulle nostre eccellenze. “eccellenze” che battono ancora bandiera tricolore. Ricordiamolo… il sistema italiano è troppo poco competitivo ed obbliga, spesso, gli imprenditori ad andare via dal nostro Paese.

Chi vede positività nel massivo acquisto dall’estero di aziende Italiane (non compensato da analoghi acquisti Italiani all’estero), perché in queste operazioni di acquisto vede potenziali miglioramenti dei servizi, ristrutturazioni salutari, investimenti, ecc… dovrebbe tenere a mente che un incremento massivo delle proprietà straniere significa una crescita costante del deficit della voce Redditi della Bilancia dei Pagamenti, che oltre a “deprimere” il PIL nazionale, peggiora anche la Posizione netta sull’Estero anche perché chi “acquista” lo fa a scopo predatorio come ad esempio per eliminare un concorrente (lo compra, lo ridimensiona e trasferisce parte della produzione altrove) o per disporre di un canale distributivo (importando merci). Tutto questo impatta, nel tempo, sulla ricchezza del paese.

Le principali cessioni di aziende Italiane da parte di acquirenti stranieri:

Per anno (fino al 2018)

1999

Algida (Unilever)

2000

Emilio Pucci (Arnault, Francia)

Fiat Ferroviaria (Alstom, Francia)

2001

Bottega Veneta (Francia)

Fendi (Francia)

2003

Peroni (Sudafrica)

Sps Italiana Pack Systems (Usa)

2005
Acciaierie Lucchini (Russia)
Benelli (Cina)

2006

Carapelli Sasso e Bertolli (Spagna)

Galbani (Francia)

2008
Osvaldo Cariboni (Alstom, Francia)

2009
Fiat Avio (divisione Fiat per il settore aerospaziale) (Usa,Inghilterra)

2010

Fastweb (Svizzera, aveva già parte delle azioni dal 2007)

Belfe (Sud Corea)
Lario (Sud Corea)

Boschetti alimentare (confetture) (Francia)

2011

Gancia (Russia)

Fiorucci (salumi) (Spagna)

Parmalat (Lactalis, Francia)

Bulgari (Francia)

Brioni (Francia)

Wind (Russia, prima Egitto)

Edison (Francia)

Mandarina Duck (Sud Corea)

Loquendo (leader nelle tecnologie di riconoscimento vocale) (Usa)
Eridania (zucchero) (Francia)

2012

Star (Spagna) Controlla i marchi RisoChef, Pummarò, Sogni d’Oro, GranRagù Star, Orzo Bimbo ed Olita

Ducati (Germania)

Eskigel (produzione gelati per varie catene di supermercati) (UK)

Valentino (Qatar)

Ferretti (nautica) (Cina)

AR Pelati (pomodori) (Giappone)

Coccinelle (Sud Corea)
Sixty (Cina) Proprietaria dei marchi Miss Sixty e Energie

2013

Richard Ginori (venduta a Gucci, Francese)

Loro Piana (Francia)

Pernigotti (Turchia)

Chianti Gallo Nero Docg (Cina)

Pomellato (Francia)

Scotti Oro (Spagna per il 25%)

Guarda caso, C’è un chiaro parallelismo tra crollo dei valori azionari ed acquisti di aziende Italiane dall’estero.

2015

Indesit (Usa)

Pirelli (Cina 25%)

Lucio Garofalo pastificio (spagna 52%)

Krizia (Cina)

Versace ((Usa 20%)

Poltrona Frau (America)

2016

Editrice Giochi (Canada)

Pininfarina (India)

Grom, il “gelato più buono del mondo” (Olanda)

2018

Magneti Marelli (Giappone)

Italo-Nuovo Trasporto Viaggiatori (Ntv) (Usa)

Acetum Spa aceto balsamico di Modena igp (Inghilterra 20%)

Buccellati (Cina)

Brunello di Montalcino (Francia soci di maggioranza)

Italcementi (Germania 45%)

World Duty Free (Benetton) (Svizzera 50,1%)

Ansaldo Breda produzione di treni ad alta velocità (Giappone)

Per settori

Alta Moda e Lusso – Fiorucci, fondata a Milano da Elio Fiorucci nel 1967. Nel 1990 viene rilevata dalla Edwin International, società giapponese di abbigliamento con diversi marchi di proprietà e licenza, poi dalla Itochu Corporation e infine dagli inglesi di Schaeffer. Le collezioni di Krizia sono invece passate a Marisfrolg Fashion Co. Non solo moda. Alle aziende straniere piacciono molto anche gli yacht. Quelli Ferretti sono di proprietà di Shandong Heavy Industry-Weichai Group. 

Il fondo francese Kering ha acquistato Gucci, Bottega Veneta, Pomellato, Dodo, Brioni e Richard Ginori. Dal 2012, la maison Valentino è nelle mani di Mayhoola Investments mentre Ferrè è passato nelle mani del Paris Group di Dubai. Anche La Rinascente appartiene alla compagnia thailandese Central Group of Companies. Tra i casi che ha tenuto alta l’attenzione degli italiani, c’è quello di Versace il cui brand è stato venduto allo stilista americano Michael Kors per la bellezza di 2 miliardi di dollari. L’altro grande colosso francese della moda, LVMH, è diventato proprietario di Loro Piana, Fendi, Emilio Pucci e Bulgari.

La giapponese Itochu Corporation ha fatto suoi altri marchi italiani come Mila Schon, Conbipel, Sergio Tacchini, Belfe e Lario, Mandarina Duck, Coccinelle, Safilo, Ferrè , Miss Sixty-Energie, Lumberjack e Valentino S.p.A. Quasi tutte queste aziende sono state poi rivendute sempre ad aziende straniere. 

Anche l’Italia, seppur non con la stessa voracità, ha però acquistato un’azienda francese, la Moncler, che dal 2003 è di proprietà dell’italiano Remo Ruffini. 

Cibo – Galbani, Locatelli, Invernizzi e Cademartori sono di Lactalis, acquirente della Parmalat nel luglio del 2011, mentre gli oli Cirio-Bertolli-De Rica sono passati nel 1993 alla Unilever, che poi li ha ceduti nel 2008 alla spagnola Deoleo, già titolare di Carapelli, Sasso e Friol. Anche l’Eridania Italia, società leader nel settore zucchero italiano, è passata poi in mani francesi.

La Birra Peroni, comprendente i marchi Peroni e Nastro Azzurro, è stata fagocitata dal colosso giapponese Asahi Breweries, mentre la Star, proprietaria di diversi marchi come Pummarò, Sogni d’oro, GranRagù Star, è stata acquistata dalla spagnola Gallina Blanca del Gruppo Agrolimen.

Finanza – Anche in termini economici e finanziari, sono molte le società straniere che stanno fagocitando quelle italiane. Nel 2006, il gruppo Bnp Paribas acquisisce Bnl. Nel 2007, Credit Agricole prende il controllo delle banche Cariparma e Banca Popolare FriulAdria. Sempre nello stesso anno, Generali accetta l’offerta di Groupama per l’acquisto del 100% di Nuova Tirrena per 1,25 miliardi di euro. Anche Unicredit ha venduto Pioneer ad Amundi per un valore di 3,5 miliardi di euro.

Industria – Nell’industria, Italcementi è stata acquisita da HeidelbergCement. A Pirelli invece tocca andare in Cina. ChemChina è infatti il nuovo socio. A settembre 2016 la francese Suez ha acquisito parte di Acea mentre Magneti Marelli passa ai giapponesi di Calsonic Kansei.

Energia – In campo energetico, Edison ha piegato la bandiera tricolore a favore di un’altra: quella francese. 

Trasporti – Nell’industria dei treni, il made in Italy non esiste più. La Fiat Ferroviaria è controllata da Alstom. AnsaldoBreda è stata invece venduta alla giapponese Hitachi da parte di Finmeccanica. Non è diverso per gli aerei, Etihad ha acquisito per tre anni Alitalia mentre la Piaggio Aerospace è dal 2014 in mano agli arabi di Mubadala. Per Lamborghini, invece la nuova casa è in Germania dove il padrone di casa è il Gruppo tedesco Volkswagen. 

Ricordiamolo per non dimenticare

Anche se a settembre del 1992, quando la Lira ed altre valute svalutarono sul Marco, si ebbe una formidabile performance nei 20 mesi successivi, di tutte le Borse Europee, e guarda caso la Borsa Italiana fece un mirabilante +125%, contro il +50% della Germania.

Il 2 giugno 1992 a bordo del Britannia, il panfilo della Corona d’Inghilterra, manager ed economisti italiani discussero con i banchieri di mezzo mondo sulla prospettiva delle privatizzazioni in Italia. Una minicrociera di mezza giornata al largo di Civitavecchia attorno alla quale si è attribuita la fama di un complotto per svendere l’industria pubblica italiana alla di prossima “globalizzazione”.

con Gianfranco Miglio, della lega nord, che sosteneva la lotta di Bossi contro “Roma ladrona” e inneggiava alle privatizzazioni (perdendo alla fine anche i soldi delle tangenti nella sede del partito)… e tanti altri in quanto sulla nave si tenne un convegno in cui, si ritiene, che si sia promosso la svendita delle imprese pubbliche italiane e dato avvio alla caduta della Prima Repubblica italiana, con, inoltre, la decisione delle potenze mondiali dello spacchettamento economico del nostro paese, allora (ricordiamolo!!!) settima potenza economica mondiale.

“ELENCO PARTECIPANTI MEETING BRITANNIA 1992”

I principali manager pubblici italiani rappresentanti del governo di allora, e personaggi che poi sarebbero diventati ministri o direttori generali nei governi AMATO, DINI, CIAMPI, PRODI, D’ALEMA nonché l’attuale Presidente del Consiglio ed ex Presidente della BCE MARIO DRAGHI.

Tra le principali società pubbliche italiane con relativi vertici citiamo:
– Il presidente di Bankitalia Ciampi.
– Il Ministro del Bilancio Beniamino Andreatta (artefice del divorzio con Ciampi nell’81).
– Il Ministro del Tesoro Mario Draghi.
– La Deputata (partito radicale) Emma Bonino.
– Il presidente e il vice-presidente dell’IRI Romano Prodi e Riccardo Gallo.
– Il presidente dell’AmbroVeneto Giovanni Bazoli.
– Il presidente di CrediOp Antonio Pedone.
– Il presidente di Banca commerciale.
– Il presidente di Generali.
– Il presidente di COMIT, Mario Arcari.
– Il presidente di IMI Rainer Masera.
– Il presidente di INA, Lorenzo Pallesi.
– Il presidente e l’amnministratore delegato di ENI Gabriele Cagliari e Franco Bernabè.
– Il presidente di AGIP Raffaele Santoro.
– Il presidente di SNAM Pio Pigorini.
– Il presidente dell’ENEL.
– Il presidente di TeleCom.
– Il presidente di società Autostrade.
Ecc ecc.

Con la presenza di Gianfranco Miglio, della lega nord, che sosteneva la lotta di Bossi contro “Roma ladrona” e inneggiava alle privatizzazioni (perdendo alla fine anche i soldi delle tangenti nella sede del partito)… e tanti altri in quanto sulla nave si tenne un convegno in cui, si ritiene, che si sia promosso la svendita delle imprese pubbliche italiane e dato avvio alla caduta della Prima Repubblica italiana, con, inoltre, la decisione delle potenze mondiali dello spacchettamento economico del nostro paese, allora (ricordiamolo!!!) settima potenza economica mondiale.

(NOTA: Lo Stato a quel tempo controllava treni, aerei e autostrade per intero, idem per acqua, elettricità e gas, l’ 80% del sistema bancario, l’intera telefonia, la Rai, porzioni consistenti della siderurgia e della chimica. I settori di partecipazione erano praterie sconfinate: assicurazioni, meccanica ed elettromeccanica, settore alimentare, impiantistica, fibre, vetro, pubblicità, supermercati, alberghi, agenzie di viaggio. Impiegava il 16% della forza lavoro nel Paese.)

Tra le varie figure italiane, oltre a quelle degli istituti pubblici, citiamo:
– Il presidente di Confindustria, Innocenzo Cipolletta.
– Vari esponenti della famiglia agnelli.
Ecc ecc.

Tra le principali società finanziarie /Banche d’affari Anglo-Americane presenti (i così detti «Invisibili», che nel linguaggio economico-fi­nanziario, sono gli operatori di servizi finanziari) citiamo:
– Rappresentanti della BZW, la ditta di brockeraggio della Barclay’s, Jeremy Seddon.
– Rappresentanti di Baring & Co.
– Rappresentanti della S.G. Warburg, Herman Van der Wyck.
– Rappresentanti di Salomon Brothetrs.
– Rappresentanti di Smith Barney (l’attuale Citicorp/Citigroup).
– Rappresentanti di Goldman Sachs.
– Rappresentanti di Merrill Lynch.
– Rappresentanti di Rothshild, George Soros.
ecc ecc.
A fare gli onori di casa era la stessa regina Elisabetta II d’Inghilterra.

La ragione delle privatizzazioni:

La scusa delle privatizzazioni era in primis, l’abbattimento del corposo debito pubblico italiano che necessitava di essere ridotto per poter rispettare i parametri imposti dal Trattato di Maastricht firmato sempre nello stesso anno.

ATTENZIONE: Come abbiamo più volte dimostrato, continuiamo a ripetere con insistenza che il volume del debito pubblico italiano, NON era colpa di casta sprechi e mal gestioni della 1^ Repubblica, come viene ingannevolmente fatto credere, ma era colpa degli interessi moltiplicatisi in modo esponenziale in seguito all’asta marginale introdotta dal Divorzio Tesoro-BankItalia del 1981 (per mano di Ciampi e Andreatta), in combinazione con l’adesione dell’Italia allo SME a partire dal 1979.
Le giustificazioni erano legate ai così detti carrozzoni che appesantivano il bilancio pubblico, quando in realtà si trattava di aziende strategiche come ad esempio la società autostrade piuttosto che le varie banche, le ferrovie, le telecomunicazioni ecc… che producevano ingenti flussi continui di cassa.

La modalità dell’esecuzione:

Sono tre le ditte impiegate all’uopo come “consulenti” del governo Amato:
– Goldman Sachs,
– Merrill Lynch e
– Salomon Brothers.
Le tre finanziarie di Wall Street sono state ingaggiate dal Governo tecnico Italiano per svolgere un ruolo decisivo nella valutazione e nella stessa privatizzazione delle imprese pubbliche italiane.
Va considerato che queste finanziarie accedono a dati di grande importanza e delicatezza che riguardano alcune delle più valide imprese europee, e si posizionano in assoluto vantaggio come “consiglieri per la privatizzazione”.

L’altro tassello fondamentale dell’operazione è rappresentato dall’agenzia di Rating..
Quasi in contemporanea con la nomina del governo Amato, nel 1992, l’agenzia di “rating” newyorchese Moody’s annunciò, con la sorpresa di molti, che avrebbe retrocesso l’Italia in serie C dal punto di vista della credibilità finanziaria.
Questo, senza che le cifre del debito italiano fossero cambiate drasticamente (la tendenza al deficit era nota almeno da due anni) e senza alcun rischio di insolvenza da parte dello Stato.
La giustificazione di Moody’s fu che il nuovo governo non dava sufficienti garanzie di voler apportare seri tagli al bilancio dello Stato.
Negli ambienti finanziari internazionali, Moody’s è famosa perché usa come arma “politica” la sua valutazione di rischio, tale che beneficia interessi angloamericani a svantaggio di banche rivali o, come nel caso dell’Italia, di intere nazioni.
La mossa di Moody’s costrinse il governo Amato ad alzare i tassi d’interesse sui BOT per non perdere gli investitori.
Essa segnalò anche l’inizio di una guerra finanziaria contro la lira.
Secondo fonti ben informate, i più aggressivi speculatori contro la lira, nell’attacco furono la Goldman Sachs e la S.G. Warburg di Londra.
Ribadiamo che la speculazione ebbe un movente principalmente politico, non finanziario, e che, purtroppo, ebbe successo.
L’Italia fu costretta ad abbandonare lo SME e il governo varò un piano di tagli e annunciate privatizzazioni per ridurre il deficit.
Amato non ha mai detto è che la svalutazione della lira nei confronti del dollaro ha dato agli avventurieri della Goldman Sachs e delle altre finanziarie di Wall Street un grande “vantaggio”.
Calcolato in dollari, l’acquisto delle imprese da privatizzare è diventato, per gli acquirenti americani, circa il 30% meno costoso.

Riepilogo dell’Operazione Britannia:

Possiamo dunque riassumere la vicenda dell’operazione Britannia nei seguenti punti:
 Le banche d’affari straniere si incontrano a porte chiuse con i dirigenti italiani degli asset pubblici da privatizzare.
– Il Governo da l’incarico per condurre la preparazione delle privatizzazioni, alle stesse banche che poi si ritroveranno coinvolte a partecipare nella compra-vendita.
– Al momento pre-stabilito, l’agenzia di rating declassa i Titoli italiani dando il via alla speculazione.
– Le banche d’affari, attraverso una operazione definita swap, vendono le Lire, per poi riacquistarle dopo la speculazione scontate del 30%.
– Con le lire scontate le Banche d’affari si comprano le aziende pubbliche pagandole dunque il 30% in meno.

Conseguenze dell’Operazione Britannia:

– L’Italia si presenterà ai cancelli di partenza dell’Unione EuroMonetaria totalmente priva di tutti i    

suoi asset pubblici strategici.
mentre:
– I suoi competitors diretti, Francia e Germania in testa, viceversa ben corazzati.
Ciò significa, per esempio, che:
– quando nell’Euro l’Italia mette i suoi Titoli sui mercati, le banche private li comprano ai tassi di interesse che vogliono loro,
mentre invece:
– quando nell’Euro sono Francia o Germania a mettere i loro Titoli sui mercati, esse possono “comandare” alle loro banche nazionali (di proprietà pubblica) di acquistare i propri titoli, impedendo così al loro spread di salire.

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