La Corte costituzionale, intervenendo su una questione di legittimità sollevata dal tribunale di Lucca, ha sancito la possibilità di riconoscere fin dalla nascita dei figli di coppie omogenitoriali. Una storica sentenza della Consulta boccia la circolare del Viminale che nel gennaio 2023 aveva tolto dai certificati di nascita il cognome della mamma intenzionale.
La madre intenzionale, cioè quella non biologica, può riconoscere il figlio nato con la procreazione medicalmente assistita (Pma) praticata in paesi in cui è legale.
L’attuale impedimento, scrivono i giudici costituzionali nella sentenza 68, non garantisce “il miglior interesse del minore” e vìola sia l’articolo 2 della Costituzione, “per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile”, sia l’articolo 3, “per la irragionevolezza dell’attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale”, sia l’articolo 30 della Costituzione, “perché lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli”.
Inoltre la Corte costituzionale si è anche espressa sul divieto d’accesso alla procreazione medicalmente assistita per le donne single, prevista sempre dalla legge 40 del 2004 all’articolo 5. Le “scelta legislativa“, si legge nella sentenza 69, limita l’autodeterminazione orientata alla genitorialità in maniera non manifestamente irragionevole e sproporzionata”.
La Corte ha ribadito poi che non sussistono ostacoli costituzionali a una eventuale estensione dell’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche a nuclei familiari diversi da quelli attualmente indicati.