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L’Italia invecchia e si spopola: per il futuro allarme demografico per il Sud Italia

L’Italia è il paese dell’Unione europea con l’età media più alta, che ha raggiunto i 48,7 anni e il fenomeno è più grave nel Mezzogiorno, dove 3,4 milioni di abitanti potrebbero mancare all’appello entro il 2050 e 7,9 milioni entro il 2080. 

Questo dato riflette una tendenza all’invecchiamento della popolazione, con una percentuale elevata di residenti con più di 65 anni, pari al 24,3%. Dal 2014 al 2024, l’età media degli italiani è aumentata di 4 anni, il che rappresenta l’invecchiamento più rapido tra i Paesi UE. 

Nel 2024, la fecondità è rimasta stabile al Centro rispetto all’anno precedente (1,12), mentre il Mezzogiorno e il Nord hanno sperimentato una contrazione; in particolare, il Mezzogiorno ha raggiunto un nuovo punto di minimo (1,20), mentre il Nord si attesta a 1,19. Lo spopolamento territoriale delle aree interne diventa “drammatico in quanto mancano persone in età fertile… rimangono solo gli anziani… non nasce più nessuno e intere comunità sono destinate a morire”.

I dati in Italia rilevano che, ad oggi, il tasso di fecondità effettivo totale è 1,34 figli per donna (se si considerano solo le donne italiane), il dato scende a 1,27, a riprova che, nonostante un calo negli ultimi anni anche tra le migranti, queste ultime continuano a registrare un tasso più elevato (1,95) con l’età media delle donne al parto infatti è salita negli ultimi anni in tutti i Paesi e, secondo Istat, in Italia è pari a 31,7 anni.

I fattori di questo declino sono molteplici. Nelle società moderne e post moderne, infatti, i genitori tendono a investire maggiormente sui bisogni dei propri figli in termini sia economici sia di tempo. Questo investimento ha portato, rispetto al passato, a un trade-off tra quantità (numero dei figli) e qualità (tempo e denaro impiegato per la loro crescita).

Per spiegare il declino della fecondità si può ricorrere anche a un’altra parola chiave: “rinvio”. In media, infatti, la popolazione giovanile sperimenta sempre più tardi l’uscita da casa dei genitori, la formazione di un’unione stabile e, quindi, il diventare a propria volta genitori.

In tutti i Paesi occidentali, i giovani-adulti tendono a intraprendere percorsi di studio più lunghi e a entrare, quindi, nel mondo del lavoro più tardi. Inoltre, il rinvio della formazione della famiglia può portare alla rinuncia a diventare genitori. 

l’aumento costante dell’aspettativa di vita sia per gli uomini, 80,6 anni (+0,5 sul 2015, +0,3 sul 2014), sia per le donne, 85,1 anni (+0,5 e +0,1) si contrappone il calo della natalità. In questo contesto la piramide della popolazione sta assumendo sempre più una forma romboidale, a causa sia della riduzione delle nascite sia della numerosità delle coorti del cosiddetto “baby boom”, ovvero degli individui nati intorno alla metà degli anni ’60, che continuano a rappresentare la parte quantitativamente più consistente della popolazione.

Inoltre in Italia, oltre una mamma su due affida regolarmente i propri figli ai nonni e quasi una mamma su tre rinuncia a mandare i figli all’asilo nido perché la retta è troppo cara. Molte ricerche hanno dimostrato che la disponibilità di fonti formali di cura dei figli (come gli asili e i dopo-scuola) è associata negativamente col coinvolgimento dei nonni come fonte principale nella cura dei nipoti

Se i nonni rimangono l’unica possibilità per la cura dei nipoti ed esistono poche altre alternative, siamo di fronte a una diseguaglianza sociale creata da un welfare fai-da-te, dove solo chi ha i nonni, e dove questi siano anche disponibili a offrire il loro tempo, è in grado di raggiungere le proprie intenzioni di fecondità; gli altri devono rimandare la nascita di un figlio, attendendo circostanze economiche più favorevoli, rischiando di essere parte del fenomeno delle culle vuote.

Infatti, se è vero che un welfare generoso non indebolisce la solidarietà familiare è anche vero che, dove manca il supporto intergenerazionale, lo Stato deve attuare politiche che permettano alle famiglie, che non possono affidarsi agli anziani, eguali diritti. Il sistema sociale non può e non deve essere esautorato dalla solidarietà intergenerazionale.

Questo è quanto emerge dai dati forniti dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in audizione alla Commissione d’inchiesta sulla transizione demografica.