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Cellulari in carcere da parte dei detenuti, un problema difficile da risolvere anche se è prevista una pena da uno a quattro anni per chi li introduce

Il possesso di cellulari all’interno delle carceri italiane è diventata una esigenza da parte dei detenuti che così riescono ad avere rapporti con l’esterno nonostante la detenzione; questo avviene anche se il possesso di cellulari da parte di un detenuto in carcere è considerato dallo Stato italiano un reato.

Dal 2020, il possesso di cellulare da parte di una persona in carcere, è prevista una pena che va da uno (1) a quattro (4) anni per chi introduce o detiene telefoni cellulari o dispositivi mobili di comunicazione all’interno di un istituto penitenziario. 

Una norma introdotta per contrastare il crescente flusso di telefoni che si tenta di far entrare nelle carceri, e per la prima volta, il possesso da parte del detenuto è considerato un reato penale.

Tuttavia, il fenomeno sembra non essere stato completamente contenuto. I dati mostrano un aumento del numero di cellulari trovati nelle carceri:   

nel 2022 erano 1084,

nel 2023 erano 1595,  

nel 2024 erano 2252.   

Per contrastare il problema, sono state messe in atto diverse misure, tra cui perquisizioni straordinarie e l’uso di tecnologie per schermare le comunicazioni anche se i dispositivi di schermatura non sono stati installati a causa di problemi tecnici e burocratici.  

Solo per citare alcuni casi di detenzione di cellulari da parte di detenuti in carcere si sono verificati ad Arezzo, dove è stato registrato il quarto caso dall’inizio del 2025; nella casa circondariale di Ancona, sono stati sequestrati 23 cellulari durante una perquisizione.  

Le autorità continuano a cercare soluzioni per affrontare il problema, ma il fenomeno rimane un’importante sfida per la sicurezza e l’ordine all’interno delle carceri italiane.