Un incubo quotidiano negli ospedali italiani: serve una svolta concreta e immediata
Non è più tollerabile. Le aggressioni nei confronti di medici, infermieri e personale sanitario sono diventate una drammatica e costante realtà in molti ospedali italiani. Un fenomeno che si consuma giorno dopo giorno, sotto gli occhi di tutti, ma che troppo spesso viene ignorato o banalizzato. Eppure, dietro quei camici ci sono persone che ogni giorno si mettono al servizio degli altri, spesso in condizioni estreme, e che invece di ricevere rispetto, vengono insultate, minacciate, persino picchiate.
I luoghi più a rischio? I pronto soccorso, i reparti di emergenza, le ambulanze. Proprio dove la tempestività e la lucidità fanno la differenza tra la vita e la morte, lì si consuma la rabbia di pazienti e familiari esasperati, che troppo spesso si trasforma in violenza verso chi è lì per aiutare. Il personale sanitario è costretto a lavorare in un clima di paura e tensione costante. Alcuni chiedono il trasferimento, altri arrivano addirittura ad abbandonare la professione.
Secondo il sindacato Nursing Up, oltre il 50% degli operatori sanitari ha subito almeno un’aggressione nel corso della carriera. Un dato allarmante, aggravato dal fatto che il 25% degli infermieri e il 22% dei medici mostra sintomi di burnout, una sindrome di esaurimento psicofisico ed emotivo che mina profondamente la salute e la motivazione di chi lavora in sanità.
Nel tentativo di porre un freno a questa deriva, il governo ha introdotto il Decreto-Legge n. 137 del 1° ottobre 2024, entrato in vigore il giorno successivo. Il provvedimento introduce misure più severe per chi aggredisce il personale sanitario e punta a rafforzare la sicurezza nelle strutture ospedaliere, in particolare nei pronto soccorso. Una risposta necessaria, ma non ancora sufficiente.
Perché la verità è che le violenze continuano, con una frequenza preoccupante. Gli episodi non si contano più e i racconti che giungono dagli ospedali parlano di una realtà dura, fatta di paura e sfiducia. È chiaro che serve molto di più: controlli più rigidi, pene più severe, campagne di sensibilizzazione, ma soprattutto un cambiamento culturale che riporti al centro il rispetto per chi cura.
Gli operatori sanitari non devono più sentirsi soli. Non devono essere bersagli di frustrazioni sociali, né vittime di un sistema che troppo spesso li lascia indifesi. Servono tutele, ma anche riconoscimento e gratitudine per chi ogni giorno, con professionalità e dedizione, si prende cura della nostra salute.
È ora di finirla davvero. La sanità ha bisogno di protezione, e chi ci lavora ha diritto a sentirsi al sicuro. Non possiamo più restare a guardare.